RAPPRESENTAZIONE TEATRALE O SEDUTA PSICOANALITICA?
22-03-2023 / 22-04-2023 - eventi
Mer
22
Mar 2023
RAPPRESENTAZIONE TEATRALE O SEDUTA PSICOANALITICA?
Enrico Lo Verso, Uno Nessuno e centomila al Traetta
Nell'esatto momento in cui si varca la soglia del teatro, quella che, di primo acchito, sembra essere una comune rappresentazione teatrale, si trasforma per lo spettatore in un’occasione per mettere in dubbio la realtà che conosce o presume di conoscere, qualunque essa sia.
Mentre si illumina la scena, Enrico Lo Verso inizia ad interpretare la storia del protagonista di uno dei più famosi romanzi di Luigi Pirandello, Uno nessuno e centomila.
L'adattamento teatrale in un atto unico da parte della regista Alessandra Pizzi è in linea con la prassi dello stile pirandelliano: gli avvenimenti che si potrebbero considerare decisivi nel determinare la vita del protagonista sono evocati dallo stesso, tramite una lunga analessi.
Con la fine delle ambientazioni naturalistiche che si sta decretando in un teatro sempre più minimalista, la scelta di avere un palcoscenico libero da ogni elemento superfluo alla
performance può essere letta come la decisione del protagonista di rinunciare a ogni collocazione nello spazio e nel tempo. Gli specchi sospesi sulla scena sopravvivono a questa sottrazione, simbolo di una ricerca impossibile della propria identità, che di fatto viene abbandonata. Ridotti al minimo anche gli effetti di luce e suono che accompagnano il monologo dell'attore palermitano.
Una sfida non facile quella di Lo Verso, che si fa carico di interpretare le parti di tutti i personaggi (la moglie, i colleghi di banca, il notaio, il vescovo, la folla, persino il cane) in un monologo carico di ironia, di pathos crescente, colorito da espressioni tipiche siciliane, dai toni altalenanti, che cambiano in modo imprevedibile, come ci si aspetterebbe dai discorsi di un folle: l'attore vince questa sfida egregiamente, coinvolgendo il pubblico.
La performance centra in pieno la funzione del teatro di Pirandello: una macchina vessatoria su un palcoscenico che si tramuta in una stanza da tortura, di cui è vittima anche lo spettatore.
Si abbandoni l'idea della funzione catartica della rappresentazione teatrale e ci si prepari a rimanere assaliti dagli stessi dubbi e incertezze del Vitangelo Moscarda degli anni Venti, che ci parla tramite la voce di Lo Verso a distanza di un secolo, e che forse continuerà a farlo per sempre. Poiché questo è il viaggio di chiunque voglia arrivare alla quintessenza della vita e si scontri con l'impossibilità di giungere a tale traguardo.
SERENA COVIELLO 5B
Enrico Lo Verso, Uno Nessuno e centomila al Traetta
Nell'esatto momento in cui si varca la soglia del teatro, quella che, di primo acchito, sembra essere una comune rappresentazione teatrale, si trasforma per lo spettatore in un’occasione per mettere in dubbio la realtà che conosce o presume di conoscere, qualunque essa sia.
Mentre si illumina la scena, Enrico Lo Verso inizia ad interpretare la storia del protagonista di uno dei più famosi romanzi di Luigi Pirandello, Uno nessuno e centomila.
L'adattamento teatrale in un atto unico da parte della regista Alessandra Pizzi è in linea con la prassi dello stile pirandelliano: gli avvenimenti che si potrebbero considerare decisivi nel determinare la vita del protagonista sono evocati dallo stesso, tramite una lunga analessi.
Con la fine delle ambientazioni naturalistiche che si sta decretando in un teatro sempre più minimalista, la scelta di avere un palcoscenico libero da ogni elemento superfluo alla
performance può essere letta come la decisione del protagonista di rinunciare a ogni collocazione nello spazio e nel tempo. Gli specchi sospesi sulla scena sopravvivono a questa sottrazione, simbolo di una ricerca impossibile della propria identità, che di fatto viene abbandonata. Ridotti al minimo anche gli effetti di luce e suono che accompagnano il monologo dell'attore palermitano.
Una sfida non facile quella di Lo Verso, che si fa carico di interpretare le parti di tutti i personaggi (la moglie, i colleghi di banca, il notaio, il vescovo, la folla, persino il cane) in un monologo carico di ironia, di pathos crescente, colorito da espressioni tipiche siciliane, dai toni altalenanti, che cambiano in modo imprevedibile, come ci si aspetterebbe dai discorsi di un folle: l'attore vince questa sfida egregiamente, coinvolgendo il pubblico.
La performance centra in pieno la funzione del teatro di Pirandello: una macchina vessatoria su un palcoscenico che si tramuta in una stanza da tortura, di cui è vittima anche lo spettatore.
Si abbandoni l'idea della funzione catartica della rappresentazione teatrale e ci si prepari a rimanere assaliti dagli stessi dubbi e incertezze del Vitangelo Moscarda degli anni Venti, che ci parla tramite la voce di Lo Verso a distanza di un secolo, e che forse continuerà a farlo per sempre. Poiché questo è il viaggio di chiunque voglia arrivare alla quintessenza della vita e si scontri con l'impossibilità di giungere a tale traguardo.
SERENA COVIELLO 5B